Il 15 giugno del 2004 era iniziato come un giorno qualsiasi.
Dopo il lavoro mi ero recato a casa dei miei genitori per salutarli. Da mesi
non stavo bene. E sapevo, o meglio sentivo, che stava per accadere qualcosa, ma
non riuscivo a dare una forma a questo pensiero che con insistenza si
affacciava alla mia mente. Avevo appena addentato un pezzo di cioccolato (la
mia passione!) offertomi da mia madre, quando tutto ad un tratto mi sono
sentito mancare. Coma glicemico.
A differenza della prima esperienza vissuta nell’infanzia,
questa volta ricordo di essere letteralmente uscito dal mio corpo e di aver
visto l’ambiente circostante dall’alto, pur mantenendo una piena consapevolezza
di emozioni e sensazioni. Ho vissuto quella che viene chiamata OBE, l’acronimo
dell’inglese “Out of Body Experience”, ossia l’esperienza di una persona che
per qualche ragione (di solito è stata riferita a seguito di incidenti, di
crisi epilettiche, ma può succedere anche spontaneamente durante il sonno o per
propria volontà) percepisce se stessa come esistente fuori dal proprio corpo
fisico e/o proietta la propria coscienza oltre i confini corporei. Non mi
addentrerò per ora nelle complicate e divergenti spiegazioni riguardo a tale
fenomeno, ma preferisco iniziare col raccontare semplicemente il mio vissuto.
Sono ancora vividi nella mia mente gli istanti che precedettero
il mio ritorno in quel luogo che avevo visto da bambino e in cui mi rifugiavo
nei momenti bui della mia vita. Ricordo mia madre dirigersi verso di me,
disperata, il pianto di mia sorella e quel suono simile a un ululato, che
scoprii provenire dal mio corpo ormai inerte su una sedia, privo di sensi.
Avevo la piena consapevolezza di tutto ciò che mi circondava ma vedevo tutto da
fuori, dall’alto.
Mentre mia madre piangeva seduta su una sedia e mia sorella,
molto scossa, tentava di consolarla, avrei voluto dire loro che stavo bene, di
non preoccuparsi… ma non potevano sentirmi. Eppure non avevo paura. Ero sereno.
E non ero solo. Accanto a me, oltre ai vivi, percepivo chiaramente altre
presenze che però inizialmente non interferirono con me e con quello che stavo
“vivendo”.
Vidi arrivare un uomo che indossava gli abiti di volontario
della Croce Rossa. Io conoscevo quella persona. Lavorava ai tempi come postino,
ma non sapevo e mai avrei immaginato che operasse anche come volontario sulle
ambulanze. Quando lo vidi avvicinarsi verso di me, inizialmente non capii
nemmeno il suo ruolo in quella circostanza... Seguii l’ambulanza dall’alto, tra
il curioso e il divertito. Libero. Fuori dallo spazio e dal tempo
Ero morto? Lo sarei restato per sempre?
Visto e considerato come ero messo, le possibilità di non
ritorno erano elevate. I valori della mia glicemia avevano superato ogni
ragionevole limite, ma ancora una volta non era il mio momento. E mi risvegliai
in un letto d’ospedale.